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La Llorona – Le origini di una terrificante leggenda multiforme

Dopo il successo dei precedenti: “The Conjuring”, “Annabelle” e “The Nun”, esce finalmente nelle sale cinematografiche il nuovo horror prodotto da James Wan e che segna il debutto alla regia di Michael Chaves: “La Llorona - Le Lacrime del Male”.

Il film prende ispirazione da una leggenda famosissima, soprattutto in America Latina, ma che nelle sue differenti versioni ha fatto il giro del mondo e che continua, ancora oggi, a dare origine a nuovi racconti.

La storia è ambientata nella California degli anni ‘70. Dopo che una donna (Patricia Velasquez), considerata psicologicamente instabile, viene arrestata con il sospetto di maltrattamenti nei confronti dei suoi due figli, l’assistente sociale Anna Garcia (la protagonista della storia, interpretata dall’attrice Linda Cardellini) indagando sul caso, scopre delle inquietanti analogie con il modus operandi di quella che all’inizio sembrava solo una figura mitologica, la Llorona, uno spirito che prenderebbe di mira i bambini...

 

Una leggenda dai mille volti

La Llorona, ovvero “la donna che piange”, è uno spettro del folklore dell’America Latina (ma non solo!). Si presenta come lo spirito inquieto di una donna, che ha ucciso o perso il figlio (o i figli) in circostanze tragiche e vaga senza meta intrappolata fra i due mondi, infestando le rive dei fiumi e dei laghi, alla ricerca vana dei figli. Si dice che, per chiunque la veda o la senta piangere, sia un cattivo presagio. In special modo, c’è la credenza che rapisca i bambini per sostituirli ai suoi.

Mentre la narrazione presenta numerose varianti, diverse a seconda del paese di provenienza, i fatti centrali sono sempre gli stessi.

 

  • Una delle prime versioni della leggenda è quella raccontata in Messico, ambientata durante il periodo della colonizzazione spagnola. Si racconta che una donna indios (oppure meticcia, o creola) di straordinaria bellezza si innamorò di un nobile spagnolo e da questo amore clandestino nacque un figlio. La donna desiderava sposare l’amato, ma il cavaliere manteneva le distanze e preferiva tenere la relazione segreta, poiché (a causa delle umili origini di lei) il suo status sociale avrebbe subito un brutto colpo. L’insistenza della donna lo spazientì e lo condusse a terminare drasticamente la loro relazione e sposarsi con una dama dell’alta società spagnola. La donna, in preda alla disperazione, uccise il loro figlio annegandolo nel fiume. Poi, incapace di sopportare il senso di colpa, si gettò in quello stesso fiume, disperata e in lacrime. Da quel giorno, va a caccia di bambini che possano riempire il vuoto lasciato dal suo figlio perduto.

  • In Cile la storia è piuttosto simile, però si narra che la donna avesse ucciso i figli nel fiume, perché gelosa del fatto che suo marito (che ormai non l’amava più) nutrisse maggiore affetto per loro che per lei. L’uomo lo scopre e la uccide e il suo spirito, da quel momento, continua a vagare nel mondo dei vivi in cerca dei figli, in preda al senso di colpa.

  • In Costa Rica, la leggenda invece riguarda una incantevole principessa indios, figlia di un re dell’etnia Huetar. La fanciulla si innamora di un conquistadores spagnolo (in questo caso però l’uomo ricambiava i suoi sentimenti e chiese la sua mano), ma il padre l’aveva già promessa in sposa ad un re indigeno e non poteva permettere il matrimonio. Loro si incontravano segretamente in cima ad una cascata e, dopo qualche tempo, lei diede alla luce un figlio che teneva nascosto per paura che il padre venisse a saperlo. Ma il padre scoprì il loro segreto e si recò dove i due erano soliti incontrarsi, afferrò il bambino e lo gettò dalla cima della cascata. Poi le lanciò una maledizione, condannandola a vagare per sempre lungo la riva dei fiumi per cercare suo figlio, perseguitata costantemente da spiriti maligni.

  • In Argentina, la storia non si discosta dalle altre versioni. Come unica eccezione, il fatto che, oltre a rapire i bambini e rappresentare un presagio di morte, si ritiene che con la sua manifestazione possa anche causare malattie o peggiorare la condizione psicologica di persone affette da patologie mentali.

Alle origini del mito

Indagando sui culti antichi delle civiltà preispaniche in Mesoamerica, si può stimare che le leggende sulla Llorona abbiano origine da alcune divinità azteche, Cihuacoatl e Coatlicue, dee della fertilità, riconducibili al culto della Dea Serpente, una divinità molto complessa, che era venerata sotto diversi nomi a seconda dei suoi molteplici aspetti. (Le due dee, insieme a molte altre divinità, potrebbero addirittura non essere a sé stanti, bensì rappresentazioni di un’entità unica)

Gli aztechi la veneravano, considerandola la Grande Madre, sia dei loro Dei, sia del genere umano.

Secondo la mitologia, Cihuacoatl dovette abbandonare suo figlio Mixcoatl (il nome si potrebbe tradurre “Serpente del Cielo”, oppure “Serpente Nuvola”) ad un crocevia ed egli si separò da lei per andare a formare la Via Lattea. La Dea, secondo la tradizione, farebbe ritorno frequentemente nello stesso punto per piangere il figlio perduto.

Secondo un altro mito, Coatlicue partorì 400 figli (oppure addirittura 4000), che la abbandonarono per diventare le Stelle del Sud. Lei, triste per la solitudine, non smetteva di piangere e di lamentarsi. Finché fu nuovamente resa feconda da una piuma discesa dal cielo (altre versioni narrano che si trattava di una sfera piumata, altre ancora un pezzo di giada, o uno smeraldo... Ma si può facilmente ipotizzare che siano tutte metafore del concepimento virginale) e diede alla luce il dio Quetzalcoatl (Serpente Piumato). Egli successivamente creò l’umanità, macinando le ossa delle generazioni umane che erano morte in precedenza e (grazie all’aiuto di Cihuacoatl) bagnandole di sangue divino.

Il culto della Dea Serpente, tuttavia, non si caratterizzava solo per i suoi aspetti di dea della fertilità, invocata dalle partorienti e protettrice delle madri... Era anche la dea delle donne morte di parto, le Cihuateteo, e questa connessione con la morte spiega, almeno in parte, l’ambivalenza presente nella sua simbologia.

Gli aztechi, inoltre, equiparavano le donne morte di parto a delle guerriere, poiché ritenevano che una donna in travaglio catturasse lo spirito del bambino che stava per nascere, in modo analogo ad un guerriero che cattura l'avversario in battaglia.

Anche le Cihuateteo, proprio come i guerrieri, dopo la morte era previsto che seguissero il sole nel suo viaggio nel cielo, accompagnandolo nel mondo sotterraneo dopo il tramonto.

In giorni specifici del calendario azteco, le Cihuateteo tornavano sulla terra ed erano considerate demoni notturni che infestavano i crocevia, donne-vampiro che inducevano gli uomini ad adulterio, causavano pazzia e convulsioni ed erano ritenute letali per i bambini, o si credeva li rapissero.

Alla presenza di queste credenze mitologiche nelle popolazioni precolombiane, si aggiunsero la brutalità degli spagnoli e l’orrore della conquista coloniale, tutto ciò costituì la genesi della figura della Llorona.

Le leggende sulle Dee Madri sono state distorte dai religiosi e missionari cristiani (come la maggior parte degli antichi culti locali), insistendo sulla natura malevola della divinità.

La millenaria venerazione per la Dea Serpente, tuttavia, non si è interrotta neanche con la cristianizzazione: infatti la Madonna di Guadalupe, che è stata sovrapposta alla figura della Dea, è caratterizzata da un forte sincretismo e non è altro che la continuazione cristianizzata del suo culto.

Fuori dall’America Latina:

Se ci spostiamo fuori dall’America Latina, si può notare che lo stesso archetipo che ha dato origine alla Llorona, ha generato altre figure equivalenti in paesi molto lontani.

Andando a curiosare nel folklore, ci si imbatte incredibilmente spesso in racconti di bambini rapiti da creature sovrannaturali.

Questo tema è ricorrente nella tradizione di un sacco di culture:

Baba Jaga

È una creatura leggendaria della mitologia russa e slava, divenuta in epoca contemporanea un personaggio fiabesco.

Secondo le leggende degli antichi slavi, Baba Jaga è figlia del personaggio mitologico Vij, il re degli gnomi della tradizione folkloristica ucraina.

Si tratta di una vecchietta, orribile a vedersi, spesso paragonata a una strega o a un'incantatrice. Baba Jaga infatti è in grado di volare, non volava su una scopa, ma all’interno di un mortaio e guidava il mortaio con l’aiuto di un pestello, mentre con una piccola scopa spazzava via le tracce.

Si tratta di una delle figure più enigmatiche e controverse del panorama mitologico europeo, come dimostrato da numerose sue trasposizioni letterarie. È considerata un personaggio per lo più negativo, ma a volte agisce in qualità di aiutante del protagonista, spesso con funzioni iniziatiche o come fonte di consiglio. Ci sono storie in cui la si vede aiutare le persone nelle loro ricerche e storie in cui rapisce i bambini per mangiarli, oppure mangia i viandanti occasionali che giungono presso la sua piccola izba (casetta nel bosco, la quale si erge su zampe di gallina).

L’immagine di Baba Jaga è stata deformata, sovrapponendosi sempre di più ai personaggi delle fiabe che terrorizzano i bambini (la strega di Hänsel e Gretel, l’uomo nero, Il Babau). Probabilmente perché è entrata nella fiaba ai tempi del deterioramento del sistema mitologico. La sua figura è legata al personaggio della sacerdotessa che si occupava dei riti funebri e di iniziazione, quindi al mondo sotterraneo, il mondo dei morti. In alcune antiche narrazioni è persino dotata di una coda di serpente, questa caratteristica è un collegamento col mondo dell’oltretomba, dove la Jaga dell’antica tradizione accompagnava le anime dei defunti. Se si dà credito a questa versione si può dedurre che anche la sua gamba fatta di osso rappresenti il legame di Baba Jaga con il mondo dei morti.

In passato venivano chiamate in questo modo le erboriste e le donne che si tramandavano di madre in figlia l’abilità di curare le persone. In numerose zone dell’Europa dell’est, ha mantenuto la sua connotazione positiva e si ritiene che sia una protettice e che tenga lontano il malocchio. Negli orti è frequente trovare dei pupazzi che la raffigurano, in qualità di spaventapasseri e di spauracchi per proteggere la casa dal malocchio, dai ladri, da ogni forza oscura.

 

Medea, Lamia e Lilith

  • Le lamie, secondo la mitologia greca, erano crudeli figure femminili, in parte umane e in parte animali, che rapivano e divoravano i bambini oppure seducevano i giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Secondo la leggenda, lo furono le etere di Atene, che erano donne per alcuni aspetti assimilabili a cortigiane e prostitute. Tuttavia, si trattava di figure sofisticate che, oltre a prestazioni sessuali, offrivano compagnia e spesso intrattenevano con i loro amanti relazioni prolungate. Nella società dell’antica Grecia, le etere erano una categoria di donne che godeva di grande indipendenza, riuscendo perfino a esercitare un'influenza notevole sui personaggi pubblici che frequentavano. Secondo le origini del mito, Lamia era una bellissima regina libica, di cui Zeus si era innamorato. Questo scatenò la rabbia di Era, che si vendicò uccidendo i figli nati dalla loro unione. Folle per il dispiacere, Lamia si ritirò in una grotta e, da quel momento, sfogò il suo dolore divorando i bambini delle altre donne. Questi gesti orribili ben presto trasfigurarono la sua bellezza, trasformandola in un una creatura mostruosa, seppur capace di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di berne il sangue e privarli della vita.

  • Sempre secondo la mitologia greca, un’altra figura femminile colpevole di infanticidio, spesso associata a Lamia, sarebbe Medea. La tradizione la descrive come una maga dotata di poteri semi-divini e, proprio grazie alle arti magiche, si narra che aiutò Giasone, di cui si era perdutamente innamorata, nella conquista del Vello d’oro. Divenuto suo sposo, cercò di aiutarlo anche a riconquistare il suo trono. Tuttavia, quando gli viene offerta dal re di Corinto la possibilità di successione al trono, egli decide di lasciarla per sposare un’altra donna. Medea, disperata per l’abbandono e trovatasi di fronte all’indifferenza di Giasone, organizza un’orribile vendetta. Manda come dono nuziale alla giovane sposa un velo bellissimo intriso di veleno, causandone così la morte fra dolori strazianti. Inoltre per assicurarsi che Giasone soffrisse e non avesse discendenza, dopo una grande incertezza, vince la sua natura di madre e uccide i figli partoriti con lui.

  • In fine, ci sono numerose caratteristiche che accomunano Lamia anche ad un’altra grande protagonista femminile, con cui spesso viene sovrapposta: naturalmente si tratta di Lilith! Una figura antichissima, presente nelle religioni mesopotamiche e successivamente anche in quella ebraica, in cui è menzionata come la prima moglie di Adamo. Venne ripudiata, perché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla (non voleva soggiacere sotto al suo corpo, perché non accettava di essere inferiore a lui), allora fuggì dal paradiso terrestre e si accompagnò con i demoni, generando molti figli. Dio inviò tre angeli per riportarla indietro, ma lei si rifiutò. Dio allora la punì, uccidendo i suoi figli. La vendetta di Lilith per l’affronto subito consisteva nel rapire e uccidere bambini umani, fare ammalare le madri, o sedurre gli uomini nel sonno per risucchiare la loro energia vitale.

 

Queste figure femminili costituiscono un grande esempio di ribellione alla cultura patriarcale e l'atteggiamento nei loro confronti e nei confronti della donna di potere, la maga, la femme fatale, risulta essere ambivalente: di paura da una parte, di ammirazione dall'altra.

Alla fine del mondo classico, la loro figura divenne sempre più demonizzata, crebbero i miti e le credenze sulle streghe e anche la superstizione. Per fortuna, in tempi recenti, sono state rivalutate.

Le Fate ed il changeling

Poche persone (al di fuori degli appassionati di letteratura fantastica) sanno che, secondo il folklore e le leggende, queste creature a volte non sono affatto così benevole come ci raccontano le fiabe (o meglio le versioni edulcorate delle fiabe...)

Ci sono numerose storie di rapimenti di esseri umani da parte del popolo fatato, in particolare di bambini appena nati, di donne incinte, oppure condotte a Fairyland per fare da nutrici ai bambini del sottosuolo o per assistere alla loro nascita.

Inoltre si racconta che il popolo segreto non si limitasse a sottrarre i bambini, ma addirittura che provvedesse a sostituirli con un changeling, termine che si può tradurre come “immagine perdurante”.

Le leggende della tradizione irlandese narrano che i bambini deboli o deformi venissero utilizzati dalle fate per essere dati in cambio dei bambini umani che esse rapivano.

Bisogna precisare che, con ogni probabilità, tali credenze non erano altro che superstizioni causate dall’ignoranza. All’epoca molte malattie venivano erroneamente attribuite all’inimicizia delle fate, come ad esempio l’ictus (che si credeva provocato dagli elfi), o l’infarto, il cui termine inglese “stroke” non è che l’abbreviazione di “fairy stroke”, ovvero il colpo fatato. Dunque il fenomeno del changeling avrebbe potuto avere una spiegazione razionale come la poliomielite, o altre malattie inabilitanti.

Eppure, leggendo le testimonianze dei secoli passati, è interessante notare come tali esperienze, descritte come visite notturne di figure oscure, ricordino il fenomeno della paralisi notturna.

Un’ipotesi simile si potrebbe spiegare con le teorie sul corpo astrale, in contrapposizione con il corpo fisico. Ne deriverebbe che, nei casi esaminati, sia stato il corpo eterico delle donne adibite a nutrici e dei bambini rapiti a giungere nel regno sotterraneo, mentre il loro corpo fisico fosse rimasto in questa dimensione, svuotato di ciò che gli conferisce vita, apparendo dunque più “spento” e debole finché la morte non sopraggiungeva qualche tempo dopo.

Tra le principali motivazioni, si è ipotizzato che i bambini rapiti dai Sotterranei fossero il frutto delle unioni carnali tra gli appartenenti al loro popolo e gli esseri umani. Da ciò deriva l’ipotesi del “rinnovamento della stirpe”, o del sangue. Il fine di questi rapimenti e sostituzioni di persone sarebbe quindi quello di irrobustire la propria discendenza, grazie all’accoppiamento e all’ibridazione genetica.

Le fate ambirebbero a rinvigorire la loro progenie in decadenza con sangue fresco e vigore umano, forse per rigenerare la propria razza minacciata di sterilità, arrivando per questo a rapire i neonati, o a sedurre e accoppiarsi con la nostra specie, al fine di portare a termine delle gravidanze ibride nel Regno Segreto.

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